Di Interno4
Pubblicato il: 11-01-2018
Sciuscià è un film che Vittorio De Sica ha realizzato nel 1946 ed è considerato un capolavoro del cinema neorealistico.
La vicenda è ambientata nella Roma del dopoguerra, sconvolta e e occupata dalle truppe americane. Nella città moltissimi adolescenti, i sciuscià (da “shoe-shine”, lustrare scarpe), vivono abbandonati, lasciati dalle alla pietà di altre famiglie.
I protagonisti sono due ragazzi molto giovani, Pasquale e Giuseppe, che lavorano come lustrascarpe e cercano di aggiustarsi frequentando personaggi della piccola delinquenza. Spinti dal desiderio di possedere un cavallo, aiutando il fratello di uno dei due, Atilio, in un affare poco pulito, e inconsapevolmente, si trovano coinvolti in un fatto più grave.
Vengono arrestati e detenuti in celle diverse, all'interno del carcere minorile. Le dinamiche della detenzione li metteno in conflitto e la tragedia si consuma all'esterno in seguito ad un tentativo di fuga di alcuni ragazzi. La costante sarà il possesso del cavallo, Bersagliere, che sarà la causa dell'ultimo litigio dei due amici, che porterà alla morte del più giovane.
Il film ha un tono di denuncia, della terribile realtà, che gli adolescenti vivevano durante il periodo dell'immediato dopoguerra. La descrizione delle dinamiche sociali che portano i due ragazzi sulla strada del carcere sono crude e molto realistiche.
Ancora una volta sono gli adulti che approfittano della vulnerabilità dei ragazzi, e usandoli o abbandonandoli li mettono in condizioni di delinquere goffamente.
Le scene e le vicende realizzate all'interno dell'Istituto di detenzione svelano, in modo crudo, le dinamiche di tensione e conflitto che si vengono a creare in un ambiente di costrizione. La poca considerazione dell'adolescente, soprattutto se povero, da parte del personale di sorveglianza, la crudelta di alcuni "maestri", la"mala educazione" dei ragazzi veterani, che replicano i soprusi degli adulti verso i più giovani.
Come in altri film di genere carcerario, non manca una scena di scazzottamento all'interno delle docce, una piccola ribellione e un tentativo di evasione preparato con abilità e pazienza da parte del ragazzo più scaltro.
Una pellicola francese del 1959, I quattrocento colpi di François Truffaut, affronterà gli stessi temi, raccontando la stessa parabola sfortunata di due adolescenti di Parigi.
Interpreti
Franco Interlenghi: Pasquale Maggi
Rinaldo Smordoni: Giuseppe Filippucci
Annielo Mele: Raffaele
Bruno Ortenzi: Arcangeli
Emilio Cigoli: Staffera
Leo Garavaglia: il commissario
Gino Saltamerenda: il panza
Anna Pedoni: Nannarella
Enrico Da Silva: Giorgio
Maria Campi: chiromante
Mario Volpicelli: direttore carcere
Claudio Ermelli: infermiere
Peppino Spadaro: avvocato
Angelo D'Amico: il siciliano
Pacifico Astrologo: Vittorio
Francesco De Nicola: Ciriola
Antonio Lo Nigro: Righetto
Antonio Carlino: abruzzese
Irene Smorboni: mamma di Giuseppe
Leonardo Bragaglia:
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